|
|
|
ERDOGAN, PUTIN, E LA MEDIAZIONE CHE NON LO ERA
|
|
Erdogan incontra Putin ad Astana: “Hub
del gas in Turchia per stabilirne il prezzo”, ma non parlano di risoluzione del
conflitto.
|
|
|
Nel loro colloquio ad Astana, i presidenti
russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan “non hanno affrontato
il tema di un accordo tra Russia e Ucraina”: il
portavoce del Cremlino Dimitri Peskov gela le aspettative che si erano create
sull’incontro tra i due leader. Il faccia a faccia – a margine della
Conferenza sulle misure di interazione e fiducia in Asia (CICA) – era stato
presentato dallo stesso Erdogan come un tentativo per riavviare un dialogo che “fermi il
bagno di sangue” in Ucraina e per ottenere un cessate-il-fuoco. Non è stato
così, almeno secondo le prime informazioni provenienti da Mosca. Nel corso del colloquio, riferisce Ria Novosti, Erdogan ha difeso i legami economici della Turchia
con Mosca e promesso che “proseguirà l’esportazione di
cereali ucraini”. Ankara inoltre si sarebbe detta interessata alla proposta di
Mosca di creare in Turchia il più grande hub del gas in Europa: “La Turchia si è rivelata la
via più affidabile per il gas naturale verso l’Europa – avrebbe detto Putin
– pertanto il suo approvvigionamento dalla Russia è completamente garantito”.
La proposta risponde all’esigenza di reindirizzare le forniture dai gasdotti
Nord Stream, danneggiati dai sabotaggi di alcune settimane fa, per cui il
leader del Cremlino è tornato ad accusare gli Stati Uniti. Putin ha chiarito
inoltre che l'hub sarebbe una piattaforma non solo per le forniture, ma anche per determinare i prezzi del gas. “Oggi, questi prezzi sono alle stelle” ha detto. “Potremmo
facilmente regolarli a un livello di mercato normale, senza ingerenze politiche”.
|
|
|
|
|
L’incontro tra i due capi
di stato arriva all'indomani di un
voto importante all’Assemblea Generale dell’Onu che ha approvato con una maggioranza di tre
quarti (143 paesi favorevoli su 193) la risoluzione che condanna il tentativo
di Mosca di annettere quattro regioni del sud-est ucraino, tramite referendum definiti “illegali” in base
al diritto internazionale. La votazione – un vero e proprio test sull’isolamento di Mosca – ha
avuto un esito rilevante. Se a dirsi contrari sono stati, oltre alla Russia,
solo quattro paesi (Bielorussia, Corea del Nord, Siria e Nicaragua) è pur vero
che gli astenuti – come già accaduto nel marzo scorso – sono 35. E tra loro spiccano Cina, India,
Pakistan, Sudafrica ed Etiopia. Segno che i lunghi mesi di conflitto non hanno
scalfito il fronte di coloro che non intendono
schierarsi. Il colpo più duro per il Cremlino è che tra gli astenuti
figurino le ex Repubbliche
centrasiatiche (Kazakhstan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan, Turkmenistan),
mentre la Serbia, principale alleato russo in Europa, si è unita al voto di
condanna. E se a marzo i paesi che avevano votato per condannare l'invasione
erano stati 141, ieri contro i referendum di annessione si sono aggiunti anche Bangladesh, Iraq e Marocco mentre Gibuti, che ospita l’unica base militare cinese
in Africa e che a marzo aveva votato favorevolmente, ieri ha scelto di non esprimersi. Il voto dell'Assemblea Generale – che
non ha conseguenze vincolanti – è stato convocato dopo che Mosca aveva
opposto il suo veto a una risoluzione
presentata al Consiglio di Sicurezza. Il gesto ha rinnovato le invocazioni di
quanti chiedono di spogliare il paese del
suo potere di veto dopo l'invasione dell'Ucraina.
|
|
|
Non perderti il Mondo in Tasca di oggi
|
|
|
|
|
|
Nello spiegare l’astensione
del suo paese, il vice ambasciatore cinese all’Onu, Geng Shuang, ha detto che il voto di mercoledì non serve a promuovere la “de-escalation” del conflitto in corso e
aumenta solamente la divisione tra i paesi. “La Cina sarà sempre dalla parte
della pace”, ha detto il funzionario cinese, “ma ogni azione promossa da
quest’Assemblea dovrebbe essere finalizzata a promuovere una soluzione politica
alla crisi”. Gli ha risposto l’ambasciatrice statunitense, Linda Thomas-Greenfield, secondo cui “la pace non viene e non è mai arrivata
dal silenzio”. La Russia “ha fallito sul campo di battaglia e ha fallito
all'Onu”, ha affermato l'ambasciatrice del Regno Unito Barbara Woodward. Se
l’approvazione della risoluzione di eri era pressoché certa, non tutti si
aspettavano un così alto numero di voti
favorevoli. Nei giorni scorsi si era temuto che molti paesi, soprattutto in
Asia e Africa, potessero astenersi o
perfino votare contro, in segno di protesta contro un conflitto considerato
tutto sommato “regionale” ma i cui contraccolpi sono ben visibili in tutto il
mondo, a partire dall’aumento dei prezzi dell’energia e del rischio di una grave
crisi alimentare. A questo proposito l'ambasciatore della Repubblica
Democratica del Congo all’Onu Georges Nzongola-Ntalaja ha deplorato i “doppi
standard” dell'Occidente. “Sosteniamo l'Ucraina – ha detto – e vogliamo
vedere la fine della guerra. Ma vorremmo che la comunità internazionale
intraprendesse azioni simili contro altre situazioni nel mondo in cui i paesi
vengono invasi e occupati”.
|
|
|
Un mediatore affidabile… per chi?
|
|
L’incontro tra Putin e Erdogan è stato il quarto
negli ultimi quatto mesi. I
due leader si erano incontrati a luglio a Teheran, ad agosto nella località
russa di Sochi e a settembre a Samarcanda, in Uzbekistan. Dall'inizio della
guerra in Ucraina, inoltre, il filo diretto tra Ankara e Mosca non si è mai spezzato, con Erdogan che
ha cercato di svolgere un ruolo di mediazione tra gli attori in
campo, sempre sul filo del rasoio: sostenendo diplomaticamente Kiev ma
senza aderire alle sanzioni contro la Russia. Forte del suo rapporto personale
con Vladimir Putin – con cui condivide una visione pragmatica quanto spregiudicata
delle relazioni internazionali – e della sua presenza nella Nato, il presidente turco gioca
sempre per fare i suoi stessi interessi – fa notare l’Economist –
ma era uno dei pochi mediatori che
aveva portato dei risultati. Almeno era così fino ad ora. Ma, come ha ricordato
lo stesso Putin, dall’inizio della guerra ad oggi Ankara è stata per Mosca “un
partner affidabile”. Che proprio a lui l’Occidente possa affidare il ruolo di
mediatore nella partita con il Cremlino è un’ipotesi su cui bisognerebbe riflettere.
|
|
|
IL COMMENTO
Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, ISPI
research fellow
|
|
|
“Con l'idea di trasformare la Turchia
nel maggiore hub di gas del mondo, Putin non sta solo tentando Erdogan con
benefici economici: in un contesto energeticamente sempre più complicato per
l'UE, essere un hub di gas vuol dire anche avere una enorme influenza nei
confronti di Bruxelles. E la Turchia sembra sensibile a queste offerte. Il suo
ruolo in questa guerra continua ad essere estremamente pragmatico e conferma
l'immagine ormai consolidata della Turchia come ponte e principale mediatore
tra Mosca e l'Ucraina (e l'Occidente). Ci sono sempre più persone che mettono
in dubbio la sostenibilità di questa politica turca. Ma, a meno che non ci sia
un evento straordinario (come l'uso di armi nucleari) che costringerebbe Ankara
a adottare una posizione molto più netta, al momento né gli USA né l'UE hanno
per ora strumenti di pressione politica tali da modificare il corso della
politica estera turca”.
|
|
|
|
|
|
|
Via Clerici, 5 - 20121 Milano
|
|
ispi.segreteria@ispionline.it
|
|
|
|
|
|
|