|
|
|
|
Scontri a fuoco tra Armenia e Azerbaigian: l’accordo per un cessate-il-fuoco scongiura il rischio di un nuovo, pericolosissimo fronte di guerra.
|
|
|
È stato
raggiunto un cessate-il-fuoco al
confine tra Armenia e Azerbaigian, teatro nella notte di scontri a fuoco con artiglieria e droni. “Dopo le misure di
risposta adottate dalle forze armate azere, le parti hanno concordato una
tregua dalle 09:00 ora locale (08:00 ora di Mosca). Allo stesso tempo, la parte
armena ha violato questo accordo, ma dalle 09:15 (08:15 ora di Mosca) è stato
installato il cessate il fuoco”, recita una nota della Tass. Opposta la versione dell’Azerbaigian che accusa Yerevan di
aver spostato armi e truppe nella zona di confine allo scopo di “provocare” e
di voler interrompere il processo di pace. La notte scorsa il ministero della Difesa armeno aveva riferito di attacchi contro diverse citta armene
vicino alla frontiera comune. Negli scontri, 49 soldati sarebbero rimasti
uccisi, ha denunciato Yerevan che ha sollecitato l'intervento russo in base al Trattato di amicizia cooperazione e mutua assistenza
(Csto) tra i due
paesi. Le due
ex repubbliche sono alle prese con un’annosa disputa per il controllo del Nagorno-Karabakh, su cui hanno già combattuto due sanguinose
guerre in passato, di cui la seconda nel 2020. Bisognerà aspettare le prossime ore per valutare la
solidità della tregua raggiunta su un confine caldo, che periodicamente si
riaccende rischiando di trasformare un conflitto locale in una guerra
regionale.
|
|
|
|
Nagorno-Karabakh: guerra infinita?
|
|
Le
tensioni mai sopite lungo la frontiera tra Armenia e Azerbaigian avevano
cominciato a riaccendersi la scorsa settimana, quando Yerevan aveva accusato
Baku dell’uccisione di uno dei
suoi soldati. Al centro della disputa tra i due paesi c'è la regione del
Nagorno-Karabakh, parte dell'Azerbaigian secondo confini internazionalmente
riconosciuti, ma popolata perlopiù da armeni. Un divario che si estende oltre che
alla politica anche alla cultura e alla religione: l'Armenia è un paese a
maggioranza cristiano ortodosso, mentre l'Azerbaigian è prevalentemente musulmano. Negli anni Novanta e nel 2020 Yerevan
e Baku hanno combattuto due guerre per il controllo del Nagorno-Karabakh. L'enclave abitata in larghissima maggioranza da
armeni, ma parte del territorio dell'Azerbaigian, nel 1994 ha proclamato
la propria indipendenza col nome di Repubblica dell’Artsakh, ma non è mai stata
riconosciuta a livello internazionale, nemmeno dalla stessa Armenia. Il conflitto che ne è seguito ha causato circa 30 mila vittime. Le sei
settimane di combattimenti nell'autunno 2020, invece, hanno fatto oltre 6.500 morti e si sono concluse
con un cessate-il-fuoco mediato
dalla Russia. In base all'accordo, l'Armenia
ha ceduto parti di territorio che controllava da decenni e Mosca ha schierato
circa 2 mila peacekeeper per monitorare la tregua.
|
|
|
Non perderti il Mondo in Tasca di oggi
|
|
|
|
|
Russia-Turchia: su fronti opposti?
|
|
Si
ritiene che i combattimenti di lunedì notte siano i peggiori dal conflitto del 2020. A poche ore dall’inizio delle
operazioni, l'Armenia ha invitato Mosca
ad attuare il trattato di difesa del 1997 (Csto) che prevede
che i paesi membri difenderanno l'integrità territoriale e la sovranità
dell'altro in caso di attacco da parte di un paese straniero. La richiesta è
arrivata dopo una seduta del Consiglio di sicurezza armeno e una telefonata tra il primo ministro armeno
Nikol Pashinyan e il presidente russo Vladimir Putin. La Russia,
storicamente vicina all'Armenia ma che in questo momento è in evidente difficoltà sul
fronte ucraino, ha guadagnato tempo affermando che la disputa
in corso “dovrebbe essere risolta esclusivamente con mezzi politici e
diplomatici” e ha esortato entrambe le parti a “esercitare moderazione”. Il
rischio è che se Putin prendesse le
difese dello storico alleato, la Turchia farebbe lo stesso, appoggiando Baku. “L’Armenia dovrebbe cessare
le sue provocazioni – ha affermato Il ministro degli Esteri turco Mevlut
Cavusoglu – e concentrarsi sui negoziati di pace”.
|
|
|
|
Fin qui,
i fatti. Sulla cui interpretazione molti sembrano concordare: l’Azerbaigian potrebbe aver cercato di cogliere un’opportunità mentre l’alleato
chiave dell'Armenia, la Russia, è distratta dalla travagliata campagna in
Ucraina. Nelle ore in cui ieri si è diffusa la notizia che Yerevan aveva
cercato il sostegno di Mosca, si è ipotizzato che la Russia potesse
improvvisamente trovarsi coinvolta su un altro fronte oltre a quello ucraino. È
un fatto, osserva Laurence Broers su Twitter, che questa escalation si verifichi mentre il
Cremlino è “alle prese con il crollo del
fronte di Kharkiv, e l’azione offensiva contro Yerevan può avvalersi
dell’ondata di avversione globale contro la Russia di cui l'Armenia è
formalmente alleata”. Nel mentre, Baku gode di una posizione di forza senza
precedenti: la Russia fa affidamento sulle rotte di transito attraverso il
paese per connettersi con l'Iran e l'Asia e sfuggire al crescente isolamento, mentre anche l’Europa – alla
ricerca di nuovi partner energetici e alternative al gas russo – è diventata molto dipendente dall’Azerbaigian.
|
|
|
IL COMMENTO
Di Aldo Ferrari, ISPI Head, Russia, Caucaso e Asia Centrale
|
|
|
“Se
quella che il Cremlino definisce ‘operazione militare speciale’ in Ucraina
fosse stata gestita meglio e con successo dalle truppe russe ora forse non ci
troveremmo ad osservare il riaccendersi di un conflitto potenzialmente
destabilizzate per tutto il Caucaso centrale. Invece, l’evidente difficoltà dei
russi sul fronte nord-occidentale dell’Ucraina ha finito col minare il ruolo
egemonico della Russia nel Caucaso meridionale: Mosca, con ogni probabilità,
non potrà intervenire in difesa dell’Armenia e l’Azerbaijan ha colto l’attimo. Se
vuol essere coerente con i propri principi, la Comunità internazionale dovrà impegnarsi
a tutelare l’Armenia, condannando l’intervento di Baku nonostante il suo ruolo
di importante fornitore di gas”.
|
|
|
|
|
Via Clerici, 5 - 20121 Milano
|
|
ispi.segreteria@ispionline.it
|
|
|
|
|
|
|